Ma quando è successo? Me lo sono chiesto quel giorno, tanto tempo fa. Era estate, indossavo una canotta e una gonna nera e mi stavo raccogliendo i capelli – ancora biondi – sulla nuca. Accadde allora. Ricordo un vago senso di appagamento misto a una nuova consapevolezza: nulla sarà più uguale. Deliziata continuavo a ricalcare mento e zigomi mentre un tepore nasceva nello stomaco.
Ho sempre amato le novità, ma non so se è per questo che gioivo così tanto, forse perchè avevo sempre desiderato vivere quel momento o forse perchè è arrivato inaspettato.
Ho lasciato alle mie mani il compito di riconoscermi; l’ho fatto perché sono sempre stata cosciente di quanto la realtà sia ingannevole agli occhi: bisogna sentirla con le mani, ché troppe sono le fate morgane.
Cercavo quel viso tondo e infantile e trovavo zigomi e asperità. Le lentiggini, da allora, sembrano confondersi con la cipria; ormai appaiono solo in quei rari momenti di sole che mi concedo. Bianca, dicevo eterea per darmi un tono, con abiti neri e capelli raccolti. Ero vestita così quando ho varcato quell’uscio e mi sono unita alle altre donne, quasi avessi scelto intenzionalmente abiti e acconciatura. Ho indossato le scarpe rosse, però, perché anche in schiera sembrassi diversa. E’ successo allora, durante quella calda estate pugliese, che ne ho avuto la certezza. Non mi sono mai più trovata così bella, forse solo in un’altra occasione, ma era ancora presto per immaginarla.