Per lo stato sono Mariateresa, per mia nonna ero Teresa, per gli amici sono Titty, per qualcuno sono Jen. Ho disperatamente voluto, e intimamente sperato, di essere chiamata Liz, ma niente. Sono Jen e domenica ne ho avuto la prova, perché domenica ho incontrato lui: l’uomo che guardava i bagni. E lo faceva in cagnesco.
Mi avvicino cauta ai servizi e lo vedo: arcigno mi osserva da sopra lo spazzolone. Sfoggio tutta la mia gentilezza, quella che riservo agli sconosciuti o che uso a lavoro, e chiedo con voce flautata se sia possibile usare i servizi.
Una mano imperiosa mi indaca la toilette da utilizzare, mentre un suono gutturale e poco comprensibile si stacca dall’uomo che guardava i bagni. Mi indica la prima porta, insistentemente e non accenna ad abbassare la mano. Il mio sguardo, però, vaga sulle altre tre porte, tutte libere. Non mi giro, lo so che mi sta osservando, così ci provo e mi avvicino alla seconda. Prontamente vengo invitata a dirigermi nella prima, senza indugi, proprio lì, non posso sbagliare: è la prima e me la indica ancora. Allora indico anch’io in quella che l’uomo ha deciso come più adatta e lesta mi ci infilo.
E’ un bagno per disabili.
Scoppio a ridere da sola, mentre penso “I’m disabled” e indugio sulla scelta di usare il pulsante per lo sciacquone o tirare la cordicella dell’emergenza. Opto per la prima opzione e quando esco sto ancora ridendo. Da sola.
Lui se ne accorge, mi guarda con la consueta espressione non propriamente benevola, deciso a seguire ogni mio movimento.
Sento il suo giudizio pesarmi addosso e lo so che pensa mentre avvicino le mani al sapone. Per questo aspetto che scenda tutto e anzi, ci resto un po’ di più, per non lasciare la scia.
Bene, la prima parte dell’operazione è andata senza nessun errore. Adesso viene la cosa più difficile. Mi mordicchio le labbra mentre temporeggio. Studio il nemico con attenzione e non è facile quando nello specchio vedi due occhi truci che ti guardano. E vado, senza pensare, via con le mani sotto il getto. Impiego tutta la mia grazia e agilità per impedire a inopportuni schizzi di macchiare il lavello. Faccio sgocciolare e con destrezza afferro due salviette, premurandomi di asciugare le mani sopra il cestino della carta. Mi volto, sorrido, ringrazio, mi avvio e lo ammetto, lo devo ammettere: sono Jen, lo sono davvero, anche se ogni tanto cito Roy.
chocolate tales
Social media manager e project manager: una sitntesi tra organizzazione e caos creativo. Pragmatica e sognatrice, cinica e romantica. Praticamente perfetta.
10 risposte a "L’uomo che guardava i bagni (The Toilet man)"
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25 ottobre 2011 at 08:48
dove si trova questo magico bagno?
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25 ottobre 2011 at 10:53
Da Fresco, vicino il cinema. Poiché ci siamo andati in seconda serata l’omino del bagno era molto scocciato. Comunque é veramente imbarazzante avere uno che ti fissa mentre sei in bagno, anche se ti stai lavando le mani
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25 ottobre 2011 at 08:48
ah, dimenticavo…w la destrezza….
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25 ottobre 2011 at 23:15
l’omino ti guardava perchè voleva il soldino. ovvio, no?
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25 ottobre 2011 at 23:58
Ma non c’era nemmeno il piattino!
E non eravamo nemmeno gli unici clienti, anche se erano in chiusura c’erano ancora dei tavoli.
Secondo me mi odiava, anche lui
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1 novembre 2011 at 11:02
Hahahahahahah
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3 novembre 2011 at 15:51
Curiosità… e come hai contenuto i rumori molesti?
E’ imbarazzante con un guardiano dei dolmen alla porta 🙂
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5 novembre 2011 at 13:07
ho trasformato tutto in musica: oggi le coliche!
😛
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4 novembre 2011 at 14:46
Ti ha indicato il bagno dei disabili perchè probabilmente era il più pulito…
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5 novembre 2011 at 13:08
oppure quello che doveva ancora pulire!
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