Mi odiano, non c’è altra spiegazione.
Acqua e sol non gli mancavan eppure hanno preferito saltare giù. Lontano da me, dalle mie cure, dalla mia vista. Non capisco: ho lasciato loro tutto lo spazio necessario, ho fornito sostegno e sostentamento senza chiedere nulla in cambio. Solo un compito gli avevo dato: volermi bene.
Quando Bego, più di un anno fa, è volata sulla terrazza del vicino ho pensato che fosse a causa della sua malattia. Non mi ha dato nemmeno il tempo di curarla. Mi ha lasciato un rimorso, un rimpianto e uno spazio vuoto sul balcone.
“Mai più”. Questo ho pensato. “Non lo permetterò mai più e tu fai la brava”, questo ho detto a Egonia quando l’ho portata a casa. Ma non è bastato a evitare questa seconda tragedia. Se solo fossi stata più brava a leggere i messaggi che mi mandava: quelle piccole macchie bianche, quell’aria floscia. Invece ho sbagliato, di nuovo. Ho frainteso o forse è stata lei. Mi ha ingannato: mi ha fatto credere di aver bisogno di un po’ di sole e si è fatta spostare. E’ bastato poco, il tempo di preparare una torta al cioccolato, poi solo un urlo: meglio la morte!
Riposa in pace Egonia, il tuo cadavere giace accanto allo scheletro avvizzito di Bego su quella terrazza così vicina eppure così lontana.
Due su due finite nella stessa maniera. Saltate giù piene di rancore e di odio. Non mi è rimasto che il ricordo di fiori gialli, l’amara consapevolezza di essere invisa alle begonie e l’assoluta certezza di non volerne mai più una, nemmeno in regalo.