Una persona può essere estroversa e timida insieme? Fare battute, rispondere a tono, parlare con tutti e poi bloccarsi, ammutolirsi, guardare per terra quando si ha di fronte qualcuno di vagamente interessante. Sì, esiste. Io. Sì, sono io che mi comporto così. E’ più forte di me, devo distogliere lo sguardo. E poi mi lamento che nessuno si avvicina, anche se sono una donna ancora piacente. Forse troppo piacente e piacevole.

Anzi decisamente superlativa. Sì, infatti il punto non è non attirare lo sguardo, ma perché continuo a distoglierlo?

Questo penso mentre prendo mezzo chilo di semola di grano duro e lo verso dentro un’insalatiera, stando bene attenta a formare una fontana.

Rimorsi, rimpianti. La solita domanda: cos’è meglio? “Avresti dovuto attaccare bottone, lo fai con tutti”. Non è solo il mio cervello a dirlo. Questo dirà il mio amico, quando verrà a cena. Sorrido e spezzo il panetto di lievito, una metà la chiudo diligentemente nella sua carta, l’altra l’avvicino al naso, respiro il suo odore. Che buono, acre, sa di motteggi e battutine. Lo sbriciolo nel centro della fontana e poi verso un pò di acqua tiepida, in cui ho sciolto il sale. Comincio a impastare, solo con la destra, mentre con la sinistra verso l’acqua, finché il composto non è bello morbido. Solo adesso immergo anche l’altra mano e lavoro, lavoro. “Devono formarsi delle bolle”. Fa presto a dirlo, mamma. Io, però, non ne vedo nessuna. Ci metto più forza e aggiungo un pò di farina tipo 00 per rendere la focaccia più morbida. Continuo a lavorarla, poi mi verso la farina sulle mani e le pulisco dall’impasto.

Ricopro la pasta e i rimpianti con pellicola e un plaid, per aiutare la lievitazione. Lavo bene i pomodorini, verso l’olio (quello vero, di casa mia, non quelli che si comprano al supermercato) nella teglia e preparo l’origano. Sì, anche questo è quello vero, portato direttamente dalla Puglia a Milano.

“Accendilo prima, il forno, mi raccomando la temperatura non deve mai essere inferiore ai 200 gradi”. “Sì, mamma va bene. Credo di averla fatta bene, domani ti racconto”. Mentre parlo con mia madre, accendo il forno, poi dalla ricetta passiamo ai pettegolezzi. Non conosco quasi più nessuno del mio paese, ma è divertente sentire che qualcuno a me ignoto fa qualcosa di cui non mi importa nulla. Quando chiudo la telefonata la pasta è ormai lievitata. La stendo nella teglia, schiaccio i pomodorini e condisco la focaccia, spolvero con sale e origano e poi inforno. Il grado di cottura è a piacimento, io preferisco le focacce bianchicce. E comunque devo tirare fuori la focaccia: è arrivato il mio amico. Oggi ho visto l’uomo della 50. Lui scuote già il capo. E ha ragione, ha ragione. Lo so che ha ragione. Ma ci penserò domani, quando prenderò un altro autobus. Oggi è il tempo di sognare e ora è tempo di mangiare.

Da cucinare per passare una sera in allegria, magari ripensando a uno sguardo, un libro, un paio di scarpe:

L’uomo della 50

Ingredienti: 300 grammi di semola di grano duro, 200 grammi di farina tipo 00, acqua, sale, 1/2 panetto di lievito di birra.